CHIESA DI S.PIETRO
-Luogo (città):Modica, provincia di Ragusa.
-Epoca: 1697: (inizio costruzione)-1780 (completamento)
-Corrente artistica di riferimento: Barocco siciliano, Neoclassicismo.
Descrizione dell’esterno:
La facciata è una superficie piana resa elegante dalle lesene diamantate del primo ordine e a losanga del secondo ordine, dalla minuta decorazione del finestrone centrale, dalle volute di raccordo a motivi floreali, dalle statue sistemate sul primo ordine e nella cuspide. Una bella scalinata con le statue dei dodici Apostoli, chiamati dal popolo Santoni, conduce alla sobria ma maestosa facciata suddivisa in due ordini, e abbellita da quattro statue, raffiguranti San Cataldo, Santa Rosalia, San Pietro e la Madonna, che arricchiscono il secondo ordine, che è infine sormontato all’apice della facciata dalla scultura, in altorilievo, di un Gesù Cristo in trionfo.
Descrizione dell’interno:
Il valore estetico più rilevante dell’interno è dato dall’ampio respiro spaziale della navata centrale con volta a botte rischiarata da grandi finestre laterali e da delicati stucchi ottocenteschi; l’abside è resa monumentale dalle colonne binate con una impaginazione ancora seicentesca nel disegno, dagli altari incorniciati da colonne tortili e da tutte le opere di scultura, pittura, oreficeria conservate nella chiesa.
Descrizione della pianta:
La chiesa è divisa in tre navate da 14 colonne con capitello corinzio. le laterali sono occupate da cappellette.
Decorazioni pittoriche e scultoree
A partire dal pavimento, del 1864, con intarsi di marmo bianco, marmi policromi e pece nera, per finire con la volta, ricca di magnifichi affreschi, raffiguranti scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, iniziati nel 1760 circa dal pittore locale Gian Battista Ragazzi con la collaborazione del figlio Stefano, e portati a termine intorno al 1780, probabilmente solo dal figlio.
-Madonna di Trapani
Posta nella cappella di destra, un’opera in marmo riferibile al sec. XVI: una madre che offre un frutto al Bambino che tiene in braccio, lo sguardo rivolto in avanti, il collo leggermente allungato, la bocca socchiusa e i capelli sciolti sulla veste a fiori. Un riferimento particolare va fatto all’oreficeria. L’urna reliquiaria in argento reca la data 1643. Anche se, per il momento, mancano le fonti, la data può essere accettata, tenendo conto dell’impianto “architettonico” e dell’iconografia dei dodici apostoli che sono rappresentati in altorilievo sui quattro lati in nicchie incorniciate da lesene con cariatidi.
-L’immacolata
Si trova nella nicchia sull’altare maggiore. è una statua policroma. La statua firmata e datata è resa in forme dinamiche dalle ricche vesti. Il volto è incorniciato da un fazzoletto che lascia liberi i lunghi capelli di Maria. Tra le vesti compare in basso la testa del serpente. Ai lati dell’Immacolata all’interno di due nicchie, le statue di San Pietro e San Paolo. Tutte le sculture sono opera di Pietro Padula un artista di indubbia qualità, napoletano, che le eseguì tra il 1773 e il 1775. Intorno agli anno ’80 del Settecento il pittore Giovan Battista Ragazzi affrescherà i riquadri della volta con scene e figure del Vecchio Testamento. Due interessanti tele secentesche anonime sono presenti all’interno della cappella Mazzara.
-Cappella Mazzara
La prima cappella della navata sinistra dedicata alla nobildonna che aveva lasciato per testamento parte del proprio patrimonio e delle rendite alla Chiesa di San Pietro. All’interno della cappella Mazzara e in alto sulla parete di fondo dell’abside è presente lo stemma gentilizio della Famiglia Mazzara composto da una mezzaluna e da una campana, all’interno della chiesa è inoltre riprodotto quasi ossessivamente il simbolo della chiesa di Roma con la tiara pontificia e le chiavi di San Pietro per ribadire l’antichità di questa architettura e soprattutto il legame con uno dei primi discepoli di San Pietro, il Santo Vescovo Marziano. Due interessanti tele secentesche della cappella Mazzara.
Inserimento urbanistico e territoriale:
Si pone come polo visivo lungo l’itinerario della via principale, contornata da palazzi e conventi, a ridosso del Castello dei Conti di Modica, che domina sull’altura. Per l’attuale struttura architettonica il terremoto del 1693 si pone come momento iniziale, così come lo è per buona parte dell’architettura tardobarocca del Val di Noto.
Notizie storiche e restauri:
Furicostruita sulle stesse fondamenta della chiesa del Seicento. Dell’edificio seicentesco rimane, all’interno, la Cappella dell’Immacolata, attualmente sacrestia, dove è ancora leggibile la data 1620. La cappella è un vano quadrangolare con un’interessante copertura che rimanda a modelli costruttivi rinascimentali, analoghi a quelli della volta della cappella di San Mauro all’interno della Chiesa di Santa Maria di Betlem. L’origine, molto probabilmente, risale all’epoca di San Marziano, discepolo di San Pietro e primo vescovo di Siracusa. Si racconta che nella chiesa si conserva un blocco di calcare duro in forma di sedia vescovile chiamato Cattedra di San Marziano e che tale cattedra fu fatta seppellire dinanzi al fonte battesimale della chiesa. Il legame con San Marziano è confermato da un documento che si riferisce a un altare dedicato al Santo Vescovo nel 1480. La prima notizia relativa alla chiesa risale al 1308. I lavori di costruzione e decorazioni continueranno fino alla fine dell’Ottocento e oltre se si considera l’ultimo intervento della chiesa: la costruzione dell’organo, sistemato sopra il portale d’ingresso.
CHIESA DI S.GIORGIO
-Architetto: Alessandro Cappellani Judica
-Luogo: Modica, Provincia di Ragusa, Sicilia.
-Epoca: verosimilmente la sua prima edificazione sarebbe stata voluta direttamente dal Conte Ruggero d’Altavilla, a partire dalla definitiva cacciata degli Arabi dalla Sicilia, intorno al 1090.
San Giorgio fu eretta a Collegiata con bolla di Urbano VIII del 6 novembre 1630.
-Corrente artistica di riferimento: Barocco
Descrizione della pianta:
Ha pianta basilicale a croce latina divisa da cinque navate e tre absidi dopo il transetto.
Descrizione dell’esterno:
La facciata attuale – dalle sorprendenti analogie con la coeva Katholische Hofkirche di Dresda – fu realizzata modificando, forse anche con parziali demolizioni, quella secentesca preesistente, di cui non abbiamo documenti o disegni, ma che aveva resistito alla forza del terremoto. La cupola si innalza per 36 metri. Una scenografica scalinata di 164 gradini, disegnata per la parte sopra strada dal gesuita Francesco Di Marco nel 1814 e completata nel 1818, conduce ai cinque portali del tempio, che fanno da preludio alle cinque navate interne della chiesa. La parte della scalinata sotto il Corso San Giorgio fu progettata nel 1874 dall’architetto Alessandro Cappellani Judica e completata nel 1880. La prospettiva frontale di tutto l’insieme è arricchita da un giardino pensile e su più livelli, detto Orto del Piombo, costeggiato dalla scalinata monumentale, e compone una scenografia che ricorda Trinità dei Monti in Roma.
Descrizione dell’interno:
L’interno della chiesa è a cinque navate, con 22 colonne sormontate da capitelli corinzi. Sul pavimento dinanzi l’altare maggiore, nel 1895 il matematico Armando Perini disegnò una meridiana solare; il raggio di sole, che entra dal foro dello
gnomone posto in alto sulla destra, a mezzogiorno, segna sulla meridiana il mezzogiorno locale.
All’estremo sinistro della meridiana, una lapide del pavimento contiene l’indicazione delle coordinate geografiche della chiesa, e dunque della stessa città di Modica.
Decorazioni pittoriche e sculture:
Fra le navate si possono ammirare: un grandioso organo con 4 tastiere, 80 registri e 3000 canne, perfettamente funzionante, costruito tra il 1885 e il 1888 dal bergamasco Casimiro Allieri;
-L’Assunta:
Un dipinto di scuola toscana del tardo-manierista fiorentino Filippo Paladini (1610);
– La Natività:
Una deliziosa pittura naif su legno di Carlo Cane, del Seicento;
-Il Martirio:
La tela secentesca(1671) di Sant’Ippolito firmata dal poco noto Cicalesius; una sta tua marmorea di scuola gaginiana;
-la Madonna della Neve:
Della bottega palermitana dei carraresi Mancini e Berrettaro del 1511.
-l’Arca Santa:
Poggia sull’altare in fondo ad una delle due navate di destra, chiamata Santa Cassa, opera in argento intarsiato costruita a Venezia nel XIV secolo, e donata alla Chiesa dai conti – mecenati della dinastia dei Chiaramonte.
Il polittico occupa tutta la parete di fondo dell’abside: attribuito, inizialmente, all’Alibrandi, un pittore dei primi del Cinquecento, fu, in seguito a un restauro dell’opera, attribuito a Bernardino Niger, un pittore forse di origine greca. Il più grande polittico di tradizione medievale-rinascimentale presente in Sicilia è composto da nove riquadri più il lunettone, sulla sommità, dove è rappresentato Dio Padre. I nove riquadri sono disposti in tre ordini. Nel primo ordine dal basso sono rappresentati San Giorgio e San Martino, i due santi cavalieri e guerrieri, che hanno una devozione particolarmente viva in tutta la Contea di Modica.
Inserimento urbanistico e territotiale:
La singolarità dell’opera, oltre alla sua intrinseca bellezza, è data dalla sua collocazione urbanistica, al centro di una città costruita a ripiani irregolari collegati da scalinate e salite tortuose con ampi spazi che, ancora nel Settecento, dovevano essere destinati a giardini e orti terrazzati. La fisionomia attuale della chiesa è il risultato di più secoli di trasformazioni, integrazioni e completamenti con gli interventi più consistenti che si situano tra il XVII e il XIX secolo.
Notizie storiche:
Chiesa dedicata ai Santi Ippolito e Giorgio. La prima fonte che parla dell’esistenza della chiesa è una bolla pontificia dal 1150 di papa Eugenio III, con la quale la chiesa veniva posta sotto la tutela del Monastero di Mileto in Calabria. Secondo la tradizione la chiesa fu fondata dal Conte Ruggero e, in ricordo di tale avvenimento, all’interno, sopra il portale principale, è esposta l’armatura del Conte Ruggero d’Altavilla, il condottiero dei Normanni e il leggendario fondatore di San Giorgio.
Restauri:
Mai furono sospese le attività liturgiche nel Duomo, salvo qualche mese dopo il tremendo terremoto del 1693 che ne aveva fatto crollare i tetti, ripristinati i quali già nel 1696, alla visita pastorale del vescovo di Siracusa, la chiesa era nel pieno esercizio delle sue funzioni. Nel 1643 il cedimento di un pilastro del transetto e la preoccupazione del crollo degli archi vicini porta a un radicale intervento nella chiesa. Dopo aver consultato vari architetti ed “esperti di fabbrica” provenienti da varie città del Regno, fu deciso di smantellare il precedente edificio e di dare l’incarico per un nuovo “modello” e “pianta”.
PIAZZA DEL MUNICIPIO
Vero e proprio cardine della città, questa piazza, posta all’incrocio tra c.so Umberto I e v. Marchesa Tedeschi, è sormontata dalla scoscesa rupe del castello, su cui spicca una settecentesca torre con orologio.
Sulla destra della piazza c’è l’ex convento dei Domenicani oggi Municipio. Vicino si trova la Chiesa di S. Domenico (XIV sec.), distrutta dal terremoto del 1613 e ricostruita nel 1678, ma risparmiata dal sisma del 1693. L’interno, ad una navata unica con volata a botte, è ornato da pregevoli stucchi settecenteschi.
C.SO S.UMBERTO I
Corso Umberto I è fiancheggiato da una serie di episodi architettonici che testimoniano la crescente importanza che l’asse ha avuto nel corso dei secoli.
Si evidenziano partendo da piazza del Municipio:
l’ex Monastero delle Benedettine, dal 1866 sede del tribunale e dal 2005 Museo Civico Archeologico “F.L. Belgiorno”; l’esposizione, organizzata secondo moderni criteri museografici, ospita reperti rinvenuti sul suolo modicano databili dal Paleolitico al Medioevo (notevole l’Eracle di Cafeo, una statuetta bronzea risalente al III sec. a.C.);
La Chiesa di S. Pietro di stile barocco, ricostruita dopo il terremoto del 1693 con una scenografica scalinata arricchita dalle statue dei dodici Apostoli; l’interno è a tre navate divise da 14 colonne corinzie;
Il Palazzo Tedeschi del XVIII sec. con balconi retti da belle mensole figurate;
La seicentesca Chiesa di S. Maria del Soccorso, dalla sobria facciata convessa e annessa al coevo ex Convento dei Gesuiti;
L’ottocentesco Teatro Garibaldi;
Il Palazzo Manenti del XVIII sec. con belle ornamentazioni barocche nei balconi del piano superiore, sostenuti da mensole figurate.
CHIESA DEL CARMINE
La chiesa di Santa Maria dell’Annunziata del Carmelo, detta “del Carmine” (fine XIII – XIV sec.), è stata fondata dai Padri carmelitani; è uno dei pochi monumenti che resistette alla violenza del terremoto del 1693. E infatti il prospetto, che aveva in parte superato anche i terremoti del 1542 e 1613, è arricchito da un bel portale risalente alla fine del Trecento, già dichiarato Monumento Nazionale all’inizio del XX secolo.
Il portale è ad arco a sesto acuto, leggermente strombato, definito da fasci di colonne laterali e decorato con capitelli con motivi floreali.
Il portale è sormontato da un rosone francescano con dodici raggi, uno dei più integri e preziosi dell’intera isola, il tutto in stile tardo-gotico chiaramontano. Sulla sinistra saldato alla facciata si apre l’originario campanile a tre ordini, interrotti da fasce trasversali con le rituali feritoie.
Le parti superiori della facciata e del campanile sono comunque sovrastrutture barocche settecentesche post-terremoto.
L’interno è, attualmente, ad una navata: la volta interna è a crociera ogivale con costoloni e con un fregio scolpito sulla chiave di volta; sulle pareti sono visibili i resti di un affresco: La Trinità, il volto di Maria con il Bambino, i resti di un panorama di città, su un’altra parete sono visibili i calzari di alcuni personaggi che il tempo non ha risparmiato. A lato dell’altare, si conserva una cappella tardo-gotica, anch’essa databile alla fine del XIII secolo, riportata alla luce e restaurata di recente. Presenta essa tracce di affreschi murali, ed il suo pavimento ricopre una cripta funeraria, visibile da una botola, mentre una parete di tamponamento del Settecento ha tenuto nascosto per tre secoli l’arco d’ingresso alla cappella, trapuntato come un merletto.
Tamponato da un muro, un altro arco di accesso ad una delle antiche cappelle laterali è visibile sul muro di destra non appena si entra in chiesa.
La Chiesa del Carmine custodisce al suo interno opere di alto valore artistico.
Sulla destra, all’interno dell’atrio, sulla destra, è esposta una Madonna del latte (secolo XIII): una statua in cartapesta, originale come tema e da considerare una rarità anche per la datazione, essendo coeva all’edificazione della chiesa.
L’altro capolavoro degno di nota è il gruppo scultoreo dell’Annunciazione. Il gruppo, in marmo, vede l’Angelo in ginocchio davanti a Maria. Li separa un leggio coperto da un drappo e con, sopra, un libro aperto. La Vergine, giovanissima, ha i tratti delicati e pensosi e indossa un manto con ampie pieghe. Sul piedistallo della Vergine sono scolpite tre teste di uomini di mezza età con barbe e lunghi capelli. L’impaginazione è rinascimentale ed è possibile collocarla cronologicamente nella prima metà del Cinquecento. L’autore dovrebbe essere Antonello Gagini. Il gruppo scultoreo fu consegnato all’ordine Carmelitano nel 1532. La Pala di Sant’Alberto (il santo carmelitano a cui era intitolata la Provincia della Sicilia Orientale, mentre la Sicilia Occidentale era intitolata a Sant’Angelo) è uno dei dipinti più importanti tra quelli presenti a Modica. Si tratta di un dipinto su tavola raffigurante il Santo con un libro e un giglio in una mano mentre nell’altra tiene un crocifisso. La pala che, molto probabilmente, faceva parte di un polittico smembrato e disperso, risale ai primi del Cinquecento e fu realizzata sicuramente da un Maestro. Alcuni critici d’arte hanno avanzato l’ipotesi che l’autore potrebbe essere il pittore lombardo Cesare Da Sesto, allievo di Leonardo da Vinci, che sostando per un periodo a Messina, avrebbe realizzato quest’opera nel suo percorso siciliano (1513-1517)
Girando lo sguardo all’indietro, nella cantoria collocata sopra l’ingresso della chiesa, si ammira un delizioso piccolo organo monumentale in legno, il più antico fra quelli ancora funzionanti a Modica, datato 1774.
Risale al 2006, invece, durante lavori edili di sgombero, il ritrovamento da parte di un privato, proprietario di un locale attiguo alla chiesa sul lato di via Pellico, di un altro portale gotico di fine Duecento, che costituiva l’ingresso dalla navata ad una delle cappelle laterali, poi andata svenduta, quindi adattata a civile abitazione, dopo i danni causati dal terremoto del 1693. I lavori di recupero – supervisionati dalla Soprintendenza alle Belle Arti – avvisata della scoperta dallo stesso proprietario – hanno portato anche al rinvenimento di una cripta sotterranea, colma di ossa, probabili reliquie dei monaci carmelitani.
Convento del Carmine
L’edificazione avvenne a seguire la Chiesa omonima, fra la fine del Duecento e la prima metà del Trecento, per ospitare i frati Carmelitani giunti in Sicilia già da qualche decennio. Il convento era dotato di 23 celle, ed è stato sottoposto a varie ristrutturazioni ed ampliamenti da sovra elevazione nel corso dei secoli, soprattutto dopo i danni del terremoto del 1693, e successivamente, quando fu requisito dal Regno d’Italia nel 1861 per farne sede della Caserma dei Carabinieri. È in questa occasione che vengono a scomparire gli orti antistanti il Convento, per essere trasformati nella pubblica piazza del Carmine, intitolata nel secolo successivo a Giacomo Matteotti. Il prospetto è stato interamente rifatto, in stile neo-rinascimentale-liberty. Trasferitasi l’Arma dei Carabinieri in altra sede intorno al 2000, sono stati pensati, progettati, ed in questo inizio d’anno 2012 quasi conclusi, degli importanti lavori di restauro e consolidamento, che hanno portato a fortuiti rinvenimenti delle strutture portanti medievali, sono state scrostate le mura, e riportati alla luce i pavimenti in acciottolato del XIII-XIV secolo, gli archi ogivali gotici che immettono da un ambiente conventuale ad un altro, delle finestrelle in stile svevo chiara montano del XIII secolo. Il pavimento di un ambiente, confinante con l’attigua ex Chiesa di San Giovanni Battista dei Cavalieri Gerosolimitani, sembra, per il suo disegno geometrico, con quasi certezza appartenere ad una vecchia strada laterale al Convento stesso inglobata successivamente all’interno della struttura conventuale.
Concento dei Mercedari
Il Convento dei Mercedari del sec. XVIII è annesso al Santuario della Madonna delle Grazie, fu un ex convento dei Padri Mercedari e fu adibito a lazzaretto durante la peste del 1709: ha ospitato la Biblioteca Comunale ed il Museo Civico. Oggi è ancora in fase di restauro; presto l’edificio avrà sede il museo etnografico “Serafino Amabile Guastella”.
CHIESA DI S.MARIA DI BETLEM
-Epoca: XIV secolo
-Corrente artistica di riferimento: gotico chiaramontano
Descrizione della pianta:
impianto a 3 navate
Descrizione dell’esterno:
La facciata, a due ordini, scanditi da una cornice marcapiano. è il risultato di due fasi costruttive, il primo ordine è da collocare tra il secondo Cinquecento e il primo Seicento, mentre il secondo ordine fu realizzato nell’Ottocento. Lungo il prospetto laterale sinistro si trova una lunetta in calcare, la Lunetta del Berlon (sec. XV-XVI), pregevole bassorilievo di ignoti artisti locali raffigurante una Adorazione dei Pastori, probabile arcosolio del portale della Chiesa di S. Maria di Berlon. Sono visibili tracce dei colori con i quali, originariamente, doveva essere dipinto il bassorilievo. Nella parte sottostante è presente una scritta in vernacolare in caratteri gotici che fa riferimento a una chiesa di Berlon. Forse storpiatura di Betlem. La lunetta è testimonianza di una produzione locale con caratteri popolareggianti di estrema semplicità.
Descrizione dell’interno e decorazioni pittoriche e scultoree:
All’interno una delle testimonianza artistiche tra tardogotico e Rinascimento più significative dell’intero territorio è la Cappella Cabrera, che si trova in fondo alla navata di destra. L’ambiente è di forma quadrata, il basamento della cupola è di forma ottagonale, definito da pennacchi ai quattro angoli, la cupola termina con un lucernario. L’ampio e alto portale, che occupa tutta la parete d’ingresso alla cappella, è a sesto acuto, ma sia il portale che l’intera cappella non possono essere riferiti alla cultura tardogotica tout-court. La cappella, che in passato veniva definita arabo-normanna, deve, alla luce dei più recenti studi, essere annoverata tra le testimonianze artistiche del primo Cinquecento con integrazioni e interazione di elementi classici, manieristici e gotici. Nel ricco portale si sviluppano cinque tra semicolonne e pilastrini ed eleganti snelle colonne con motivi a zig-zag e floreali. I capitelli sono decorati con maschere e con motivi a grottesche cinquecentesche. Scudi e simboli sacri sono scolpiti nelle chiavi d’arco: partendo dal basso si trovano una testa di leone, una lira, un trofeo d’armi, uno scudo con una stella a sette punte, un putto alato, un agnello dentro una conchiglia sormontato da una corona. La Chiesa di santa Maria di Betlem possiede uno dei più bei presepi dell’intera provicia di Ragusa. Si tratta di un presepe monumentale con statue in terracotta a grandezza naturale, realizzato nel 1882 da Bongiovanni Vaccaro, un maestro di Caltagirone.
Inserimento urbanistico e territoriale:
La chiesa di Santa Maria di Betlem è una delle tre antiche collegiate (dal 1645) della città e la sua presenza nel sito risale al XIV secolo.
Notizie storiche:
La chiesa fu costruita al posto o per l’integrazione di quattro piccole chiese (San Bartolomeo, Sant’Antonio, Santa Maria di Berlon, San Mauro) e l’aspetto attuale si presenta come il risultato di interventi che vanno dal Cinquecento all’Ottocento. La Cappella è intitolata ai Cabrera più per tradizione che per una reale committenza della famiglia, anche se, in realtà, si può affermare che la breve presenza siciliana di Federico Henriquez e Anna Cabrera coincide con la prima ondata di classicismo rinascimentale che aveva investito l’isola.