AGRIGENTO

TEMPIO DI DEMETRA 

 

Identificazione dell’opera:

Architetto: Sconosciuto

Denominazione: Tempio di Demetra.

Luogo (città): Valle dei templi, Agrigento

Epoca: 480-470 a.C.

Corrente artistica di riferimento: Architettura greca classica, ordine dorico.

Descrizione della pianta: Questo tempio offre un interessante esempio di edificio distilo in antis, ovvero privo del colonnato esterno e costituito da una semplice cella preceduta da un pronao con due colonne. Della struttura originaria si conservano il basamento rettangolare, di m 30×13 c.a, ancora in parte visibile, i muri esterni della cella e quelli divisori tra cella e pronao.

Descrizione dell’interno:Rimangono il basamento (m.30,20 x 13,30) fatto di conci arenarei disposti a graticola, i muri esterni della cella e quello che la separava dal pronao. Essi posano sopra una base di conci messi diritti e sono formati con diverse file di pezzi rettangolari sistemati armonicamente. La cella è avvolta dalle strutture, che hanno occultato la porta della piccola chiesa medioevale di S. Biagio costruita in epoca normanna, con lineamenti semplici, da cui la contrada ha preso il nome.

Descrizione dell’esterno: Della facciata piatta della chiesa di S. Biagio si notano in maniera più rilevante il portale e un bellissimo rosone a due finestre. Caratteristica è la stradina, che conduce alla chiesa, ricavata tra le rocce. Di particolare rilevanza è l’abside posteriore della chiesa, da dove è possibile vedere le basi e parti delle mura del tempio greco.

Decorazioni pittoriche e scultoree (affreschi, tavole, tele, rilievi, statue…): E’ superstite qualche frammento della cornice di trabeazione, insieme ai resti del contornamento in pietra del tetto; sue bellissime gronde e teste leonine sono conservate nel Museo Nazionale.

Inserimento urbanistico e territoriale: Nella parte orientale della città, sul fianco del ripido pendio con cui si conclude la Rupe Atenea nella valle del fiume Akragas (oggi torrente San Biagio), si trova il tempio di Demetra.

Eventuali adiacenze (torri, campanili, giardini, edifici monastici, ecc. che formano con l’edificio considerato un unico complesso monumentale): Il tempio di Demetra fa parte di un’area archeologica caratterizzata dall’eccezionale stato di conservazione e da una serie di importanti templi dorici del periodo ellenico. Corrisponde all’antica Akragas, monumentale nucleo originario della città di Agrigento.

Notizie storiche:Parte dell’elevato del tempio venne incorporata nella chiesa medievale di San Biagio di età normanna.

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TEMPIO DI ERCOLE

 

Identificazione dell’opera:

Architetto: Sconosciuto.

Denominazione: Tempio di Ercole o Eracle (dal nome romano dell’eroe)

Luogo (città): Valle dei templi, Agrigento

Epoca: fine VI sec. a.C.

Corrente artistica di riferimento: architettura greca arcaica, stile dorico.

Descrizione della pianta: Sorge su un basamento a  vespaio, l’ampia piattaforma rettangolare allungata, montata su quattro gradoni, un triplice quadrato che occupa una superficie di mq.2.056,89.

Descrizione dell’esterno: Uno dei più belli dell’antichità, è ora ridotto in povere vestigia. Raggiungeva un’altezza di m. 16 circa, ha una peristasi colonne stilobate, cui si accede per un crepidoma di tre gradini. Oggi rimaste erette otto colonne. Presenta un fronte con sei colonne doriche(esastilo) e colonnati laterali con 15 colonne. Sulla fronte orientale sono i resti del grande altare del tempio.

Descrizione dell’interno: All’interno della peristasi si trovava una lunga cella munita di pronao ed opistodomo entrambi in antis, i cui resti sembrano indicare la distruzione dell’edificio a causa di un sisma. Nei resti dell’edificio si riconosce la presenza di scalette interne per l’ispezione del tetto poste nei piloni tra pronao e cella, che diventeranno una presenza tipica nei templi agrigentini. Le colonne, molto alte, sono munite di capitelli assai espansi, con profonda gola tra fusto ed echino.

Decorazioni pittoriche e scultoree (affreschi, tavole, tele, rilievi, statue…): A coronamento del tetto la sima in pietra calcarea era decorata con teste di leone.

Notizie storiche: La cronologia tradizionalmente accettata del tempio lo identifica come il più arcaico dei templi agrigentini, risalente agli ultimi anni del VI secolo a.C. Tale datazione è basata sui caratteri stilistici e soprattutto su proporzioni, numero delle colonne, profilo della colonna e del capitello. Tuttavia alcuni riconducono il tempio all’attività di Terone, poiché presenterebbe innovazioni rispetto alla prassi architettonica del VI secolo a.C. Si potrebbe in tal caso trattare del tempio di Atena ricordato da Polieno  in relazione all’attività edificatoria di Terone, in corrispondenza della sua presa del potere.

Anche i resti della trabeazione costituiscono un problema di datazione, poiché conosciamo due tipi di sime laterali con gronda a testa leonina, una prima – meno conservata dell’altra – databile al 470-60 a.C. e una seconda della metà circa del V secolo a.C.: probabilmente la prima gronda è quella originaria e la seconda una sostituzione più tarda di pochi decenni (per motivi a noi sconosciuti), e dunque il tempio si data, nella sua fondazione, agli anni anteriori alla battaglia di Himera; il completamento sarebbe da collocare un decennio dopo o poco più.

Restauri: L’edificio subì restauri d’età romana ed in particolare la tripartizione della cella, che potrebbe indicare una dedicazione a varie divinità.

Nel XX secolo interventi di restauro hanno reso possibile la ricostruzione per anastilosi di nove delle colonne di un fronte laterale sud-ovest, anche se privo di trabeazione e di alcuni capitelli. Delle 38 colonne (6 sui frontoni e 15 sui lati lunghi contando anche quelle degli angoli), solo 9, rialzate nel 1922, grazie alla munificenza del capitano inglese Alexander Hardcastle, si stagliano, col loro aspetto imponente, in mezzo a tutte le rovine.

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TEMPIO DI GIOVE

Identificazione dell’opera: 

Denominazione: Tempio di Giove Olimpico

Luogo (città) : Agrigento

Epoca:  costruito nei primi decenni del IV secolo a.C

Corrente artistica di riferimento:  arte greca classica

Materiale:  calcarenite locale.

Descrizione della pianta:  Ampia pianta rettangolare preceduta da un pronao sequito da un opistodromo.

I resti monumentali oggi visibili sono ciò che rimane a seguito delle distruzioni di epoca antica e recente.

Descrizione dell’esterno:  Sulla pianta rettangolare si ergeva un basamento (crepidoma) di cinque gradini; al posto del solito colonnato aperto (peristasi) vi era un muro di recinzione scandito da semicolonne doriche (forma pseudoperiptera), sette sui lati brevi e quattordici su quelli lunghi, a cui corrispondevano, nella parte interna, pilastri rettangolari.

Descrizione dell’interno:  Internamente il tempio era diviso in tre vani: quello centrale (cella) preceduto da un atrio di ingresso (pronao) e seguito da un vano posteriore (opistodomo), delimitati da muri perimetrali scanditi da dodici pilastri sporgenti all’interno.

Decorazioni pittoriche e scultoree:  Oggi possiamo ancora vedere elementi della decorazione architettonica della trabeazione del tempio, come i frammenti del frontone scolpito che, secondo la descrizione di Diodoro Siculo, era decorato su un lato da una Gigantomachia e sull’altro dalla Presa di Troia.

Una delle caratteristiche più singolari del tempio sono i telamoni alti circa 8 metri, gigantesche figure mitologiche maschili che sostenevano la trabeazione.

Eventuali adiacenze (torri, campanili, giardini, edifici monastici, ecc. che formano con l’edificio considerato un unico complesso monumentale) Dinnanzi alla fronte orientale del tempio, ad una distanza di circa 50 metri, sono visibili i resti di un altare monumentale con scalinata che conduceva alla piattaforma per i sacrifici.

Notizie storiche:  Il tempio di Zeus o Giove Olimpico è uno dei pochi edifici sacri agrigentini di cui è sicura l’attribuzione alla divinità ed era il più grande tempio dorico dell’Occidente.

L’edificio è noto da due fonti antiche. Polibio (II sec. a.C.) ne parla nella sua opera storica e lo descrive come incompiuto e Diodoro Siculo (I sec. a.C.) fornisce una descrizione dettagliata del tempio. Sulla base di queste fonti la realizzazione del tempio viene collocata dopo la vittoriosa battaglia sui Cartaginesi ad Himera nel 480 a.C.

Le più recenti indagini mettono in discussione questa datazione poichè il progetto del tempio di Giove Olimpico si discosta da quelli del tempio di Atena a Siracusa e del tempio di Himera, entrambi realizzati dopo l’accordo di pace del 480 a.C. Non è escluso, pertanto, che la progettazione del tempio e l’inizio dei lavori per la sua realizzazione vadano collocati in un periodo precedente e si possano mettere in relazione con l’inizio della tirannia di Terone (488-472 a.C.).

Restauri:  Numerosi scavi e studi per ricostruire l’aspetto originario del tempio sono stati eseguiti a partire dall’inizio del 1800, sino alle recenti indagini affidate dal Parco all’Istituto Archeologico Germanico di Roma (2000-2006).

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TEMPIO DI GIUNONE

Identificazione dell’opera: 

Denominazione:Tempio di Giunone

Luogo (città) : Agrigento

Epoca:  costruito nella seconda metà del V secolo a.C

Corrente artistica di riferimento: arte classica greca

Materiale:  calcarenite locale.

Descrizione della pianta:  Pianta rettangolare, tempio dorico periptero con 6 colonne sui lati corti (esastilo) preceduto da un pronao seguito da un opistodomo.

Descrizione dell’esterno:  L’edificio poggia su un basamento di quattro gradini e presenta sei colonne sui lati brevi e tredici sui lati lunghi.

Descrizione dell’interno:  L’interno era suddiviso in tre vani: quello centrale (cella) era preceduto da un atrio di ingresso (pronao) e seguito da un vano posteriore (opistodomo), questi ultimi avevano due colonne antistanti; ai lati della porta della cella si trovavano le scale di accesso al tetto. Il basamento con tre gradini sul fondo della cella fu aggiunto in epoca successiva.

Eventuali adiacenze (torri, campanili, giardini, edifici monastici, ecc. che formano con l’edificio considerato un unico complesso monumentale) Sul lato est si trovano i resti dell’altare monumentale preceduto da una scalinata di dieci gradini che conduceva al piano dove si celebravano i sacrifici.

Inserimento territoriale:  sorge in posizione dominante presso l’estremità orientale della Collina dei Templi.

Notizie storiche:  La superficie di alcuni blocchi arrossati mostra i segni dell’incendio forse riconducibile alla distruzione di Akragas compiuta dai Cartaginesi nel 406 a.C.

A Ovest del tempio si trova la Porta III – di cui oggi rimane ben poco a causa della frana di parte del costone roccioso – originariamente aperta in una rientranza obliqua rispetto alla linea delle fortificazioni e percorsa da una carreggiata stradale ancora visibile. Il sistema difensivo risalente alla fine del VI sec. a.C. fu rinforzato durante il IV sec. a.C. dalla costruzione, a nord-est della porta e del tempio, di un imponente torrione di cui oggi rimane parte del crollo dell’elevato.

Il tempio viene  attribuito a Giunone per un’erronea interpretazione di un brano di un autore latino.

Restauri:  Numerosi restauri sono stati eseguiti a partire dalla fine del XVIII secolo, quando furono risollevate le colonne del lato nord, sino agli ultimi interventi di tipo statico e conservativo delle superfici lapidee effettuati dal Parco (Sicilia 2000-2006).

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IL TEMPIO DEI DIOSCURI

 

Luogo: Valle dei Templi, Agrigento.

Epoca: alcuni lo fanno risalire ad un periodo compreso fra gli anni 480 e 460 a.C., altri pensano che sia una costruzione del IV o III secolo a.C.

Corrente artistica di riferimento: architettura greca classica di stile dorico.

Descrizione della pianta: presenta una pianta simile a quella degli altri templi agrigentini con sei colonne sui lati brevi (quindi il tempio è esastilo) e tredici sui lati lunghi.

La cella probabilmente si ritiene fosse aperta al centro (ipetra).

Descrizione dell’esterno: La sua alta piattaforma è montata su 3 gradoni estesi all’interno perimetro. Delle 34 colonne solo 4 si stagliano in mezzo a tutte quelle rovine; altre 4 colonne delimitano la cella nei due lati corti.

Le colonne sono formate da tre rocchi tufacei, con un fascio di 20 scanalature a spigolo vivo, raggiungono un’altezza di m 5,27 ed hanno un diametro di m 1,10.

Il fregio del tempio, tagliato orizzontalmente, ci dà una strana sensazione: è come se la parte superiore della trabeazione sia stata “posata” successivamente sulla parte inferiore.

Decorazioni pittoriche e scultoree:

Sul vano delle metope molto probabilmente vi erano degli affreschi, che rappresentavano le varie fasi del culto alla divinità a cui il tempio era dedicato.

Il tempio mostra, inoltre, una decorazione fogliata ricca e varia.

Lo spigolo esistente mostra un rosone, simbolo dell’isola di Rodi. Ai 4 lati del tetto si notano esemplari di grondaia dalla forma a testa di leone con la lingua rossa. Il ruolo della figura del leone, di cui questo tempio come quello di Demetra e di Ercole si avvaleva, era soprattutto quello di spaventare le potenze del male e di allontanarle. Le maschere leonine avevano dipinte in turchese la criniera, in giallo il muso e in rosso la lingua, che serviva da canale di scorrimento. Alle teste di leone si alternavano le antefisse a forma di palmette, simbolo del trionfo, alternativamente di colore rosso e turchese. Una smagliante policromia, sovrapposta allo stucco, indispensabile per proteggere il materiale, completava la decorazione.

Inserimento urbanistico e territoriale: il tempio si trova nel terrazzo mediano della Valle del templi, di cui è visibile la ricostruzione dell’angolo nord-ovest eseguita nel 1836 dalla Commissione delle antichità della Sicilia.

Adiacenze: nelle immediate vicinanze del suo lato meridionale, nel 1932, furono scoperte le rovine di un altro tempio ad esso parallelo. Tale scoperta si è rivelata molto importante ai fini dell’individuazione delle divinità alle quali i due templi erano dedicati. A tale proposito è da tenere presente il fatto che il tempio in questione è situato al centro di un importantissimo santuario dedicato alle divinità ctonie (Demetra, Persefone e Dioniso) e che, molto probabilmente, ad esse era dedicato. L’ipotesi più attendibile, anche perché confortata da molte prove, è quella che il tempio fosse dedicato a Persefone e a suo figlio Dioniso. Attorno ai templi, a giustificare tale ipotesi, Marconi trovò nel 1932 un vaso pertinente al culto orgiastico di Dioniso.

Notizie storiche: Il tempio di Castore e Polluce (i Dioscuri) è quello che più rappresenta la sigla di Agrigento artistica. Castore e Polluce erano due gemelli nati dall’unione di Leda, regina di Sparta, con Giove. Castore era mortale, mentre Polluce era immortale. La leggenda vuole che quando Castore morì, Polluce chiese al padre di renderlo mortale per poter riunirsi al fratello. Zeus lo esaudì e fece in modo che i due tornassero alla vita alternativamente, un giorno ciascuno.  Furono inoltre posti nella costellazione dei Gemelli dove, quando una stella muore, ne nasce un’altra.

Restauri: può darsi che il Duca di Serradifalco, che nell’Ottocento riedificò tre colonne (alle quali ne fu aggiunta poi una quarta per motivi di stabilità), pur di arrivare ad una soluzione, abbia impegnato elementi architettonici pertinenti a fasi diverse, come i gocciolatoi per l’acqua piovana a forma di testa di leone che risalgono ad epoca ellenistica.

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IL TEMPIO DELLA CONCORDIA

 

Luogo: Valle dei Templi, Agrigento.

Epoca: 440-430 a.C.

Corrente artistica di riferimento: architettura greca classica di stile dorico.

Descrizione dell’esterno: poggia su un basamento di quattro gradini e presenta sei colonne sui lati brevi e tredici sui lati lunghi, ogni colonna, dell’altezza di m. 6,75, è costituita da 4 tamburi, con un fascio di 20 scanalature a spigolo vivo. Sopra le colonne vi sono i capitelli con due elementi quali l’echino e l’abaco. La trabeazione è costituita da due elementi, ossia dall’architrave e dal fregio con metope e triglifi. Infine abbiamo il frontone con il timpano, il frontone triangolare viene ornato con degli acrotèri, nei lati lungi del tempio vengono sistemate delle grondaie a testa di leone.

Interno: L’interno era suddiviso in tre vani: quello centrale (cella) era preceduto da un atrio di ingresso (pronao) e seguito da un vano posteriore (opistodomo), questi ultimi avevano due colonne antistanti; ai lati della porta della cella si trovano le scale di accesso al tetto. Le dodici arcate ricavate nei muri della cella e le tombe scavate nel pavimento sono dovute alla trasformazione del tempio in basilica cristiana, grazie alla quale l’edificio deve il suo ottimo stato di conservazione. Infatti, secondo la tradizione, verso la fine del VI sec. d.C. il vescovo Gregorio si insediò nel tempio e lo consacrò ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, dopo aver scacciato i demoni pagani Eber e Raps che vi risiedevano.

Decorazioni pittoriche e scultoree: L’interno e l’esterno del tempio erano ricoperti da un rivestimento di stucco bianco sottolineato da elementi policromi.

Inserimento urbanistico e territoriale: Sulla roccia affiorante a ovest del tempio si estendeva la necropoli paleocristiana (III-VI sec. d.C.) correlata alla trasformazione dell’edificio in basilica, comprendente un vasto settore di sepolture all’aperto (sub divo) scavate nel banco roccioso e un’ampia catacomba comunitaria con vari ipogei destinati a nuclei familiari.

Adiacenze:  a est del tempio sono visibili una serie di tombe ad arcosolio ricavate nello spessore del costone roccioso, che aveva costituito la base delle fortificazioni di età greca.

Notizie storiche: Il tempio deve il suo nome allo storico Fazello (1490 – 1570), il quale rinvenne un’iscrizione latina dedicata alla Concordia dagli Agrigentini  nelle vicinanze, non avente, invero, alcun rapporto con il tempio. Nel 597 il tempio fu trasformato in basilica cristiana dal vescovo Gregorio dedicata ai Santi Pietro e Paolo, grazie a questo episodio il tempio è giunto sino ai nostri giorni in ottimo stato di conservazione. Dopo che furono abbattuti due idoli pagani Eber e Raps, la Chiesa fu poi consacrata a S.Gregorio delle Rape.

Restauri: I primi studi e lavori di scavo avvennero negli ultimi decenni del XVIII sotto i Borboni ad opera di Gabriele Lancellotto Castelli principe di Torremuzza, l’allora responsabile della tutela dei beni culturali siciliani, ma l’opera di recupero e restauro sistematica nella valle dei Templi è cominciata solo dopo la prima guerra mondiale.

I più recenti lavori di restauro sono terminati nel 2006.

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