DACIA MARAINI
BAGHERIA
Romanzopubblicato nel 1993 dalla casa editrice Rizzoli.
Struttura: La famiglia Maraini, trasferitasi in Giappone nel 1938 proprio per lasciare l’Italia fascista, nel 1943 fu internata in un campo di concentramento, dal quale uscì solo nel 1946 (rottura dell’equilibrio). Tornati in Italia, Dacia e la sua famiglia si stabiliscono a Bagheria, devastata dalla guerra, con case che sembrano reggersi solo perché si appoggiano le une alle altre, alternate a palazzi baronali e strade che a momenti entrano nei vigneti (ricerca dell’equilibrio con il rientro in Sicilia). L’infanzia a Bagheria trascorre tra il ricordo ricorrente degli anni vissuti nel campo di concentramento, dove si combatteva la fame e la morte era ormai diventata una cugina, e la vita nella dépendance di villa Valguarnera, una ex-stalla, dalla quale erano state ricavate tre stanzette con un bagno grande quanto una cabina di mare e con l’odore del pollaio sotto la finestra, uno spazio era molto piccolo per una famiglia di cinque persone.
Se prima questo piccolo paese si era salvato dalla mano profanatrice dell’uomo, possedeva ancora i suoi gelsi e gli altri alberi da frutto, col tempo Bagheria è rimasta sopraffatta dai palazzi di cemento, dalla crudeltà della mafia, rovinata dalla politica blasfema che la Maraini attacca fortemente (impossibilità di ricreare un equilibrio).
Fabula e intreccio: Il racconto (la fabula) intreccia gli eventi con flash-back, salti temporali, analisi dettagliate di certi periodi e sintesi di altri. Si assiste ad un flusso di coscienza (stream of consciousness in lingua inglese), che consiste nella libera rappresentazione dei pensieri di una persona così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi. Il flusso di coscienza viene realizzato tramite il monologo interiore, che fa emergere in primo piano l’individuo, con i suoi conflitti interiori e, in generale, le sue emozioni e sentimenti, passioni e sensazioni
Il narratore: E’ interno (narra in prima persona), per l’autrice Bagheria è un mondo, è un formicolio di persone, di personaggi che vengono fuori piano piano dalla memoria.
Il tempo: la storia si svolge dall’epoca della seconda guerra mondiale all’epoca contemporanea.
I luoghi: Bagheria e la Sicilia; il Giappone.
Personaggi: I personaggi principali sono Dacia e la sua famiglia: la mamma, Topazia Alliata; il padre, Fosco Maraini, che l’avvicina alla scrittura.
I personaggi secondari sono i nonni, Enrico e Sonia, e le zie Felicita (che la Maraini paragona alla scrittrice statunitense Gertrude Stein) e Saretta.
Il linguaggio: Il romanzo è scritto con un linguaggio semplice, comprensibile, talvolta arricchito di espressioni dialettali siciliane per descrivere meglio la società, come il gelo di mellone, che era il tipico gelato di Bagheria, oppure parca, oppure sciacquatunazzu che significa bello. Il linguaggio è arricchito di molte descrizioni, metafore e similitudini; tra le metafore, ricordiamo un sorriso propiziatorio verso un mondo adulto offuscato le cui divinità sembravano essersi scatenate alla mia nascita per giocare pericolosamente col mio futuro; tra le similitudini ricordiamo invece il paragone degli anziani, gli anziani sembravano chiusi come frutti di mare ormai morti e rinsecchiti dentro le conchiglie preziose in cui avevano creduto di potere conservare in eterno le loro perle semplicemente chiudendo le valve dentate.
Contestualizzazione: L’autrice racconta la sua infanzia, il passato che l’ha tanto segnata. In questo romanzo Dacia Maraini cerca il filo conduttore della sua vita, dei suoi parenti, dei quali non aveva mai voluto sapere nulla, della sua vecchia abitazione, recupera la sua appartenenza, seppure parziale, a quel mondo siciliano contadino e paesano fatto di ulivi, di mare, di gelsomini. Bagheria per la scrittrice è fonte di amore e di dolore, poiché ella vi ha passato parte della sua vita insieme alla famiglia e vi è perciò affezionata, ma allo stesso modo ha scoperto molti aspetti di quel mondo ingiusto, al quale porta un irremovibile rancore. Non mancano le critiche sullo stato del paese al giorno d’oggi. L’autrice riscontra un profondo cambiamento tra il paese della sua infanzia e il paese dopo parecchi anni, esprimendo una visione molto critica del dopoguerra in Sicilia.
Questo romanzo si può collocare nella tradizione novecentesca, durante la quale questo genere tende a normalizzarsi; recupera alcuni aspetti della struttura ottocentesca, come l’importanza della trama e dell’azione, l’impianto realistico e contemporaneamente riprende alcune delle soluzioni sperimentali che la narrativa d’avanguardia aveva elaborato, come le tecniche surreali, il monologo interiore e la problematicità e pluralità di prospettive della narrazione. Questo tipo di romanzo tende a una misura sempre mobile, varia e originale fra oggettività narrativa e analisi interiore, realismo e surrealismo, norma e infrazione.
Citazioni (utilizzabili per il video):
Parlare della Sicilia significa aprire una porta rimasta sprangata. Una porta che avevo talmente bene mimetizzata con rampicanti e intrichi di foglie da dimenticare che ci fosse mai stata; un muro, uno spessore chiuso, impenetrabile. Poi una mano, una mano che non mi conoscevo, che è cresciuta da una manica scucita e dimenticata, una mano ardimentosa e piena di curiosità, ha cominciato a spingere quella porta strappando le ragnatele e le radici abbarbicate.
…conoscevo troppo bene le arroganze e la crudeltà della Mafi,a che sono state proprio le grandi famiglie aristocratiche siciliane a fare prosperare, perché facessero giustizia per conto loro presso i contadini, disinteressandosi dei metodi che questi campieri usavano in nome loro, chiudendo gli occhi sugli abusi, sulle torture, sulle prepotenze infinite che venivano fatte sotto il loro naso, ma fuori dal raggio delicato dei loro occhi.
LA LUNGA VITA DI MARIANNA UCRìA
Romanzo (1990) – Premio Campiello 1990
Struttura: La situazione iniziale presenta Marianna come una bambina di famiglia nobile, destinata, come le altre donne di famiglia, a sposarsi con un pretendente di alto lignaggio e ad avere figli quali eredi del casato oppure a farsi monaca. Tuttavia qualcosa impedisce che Marianna, anche se bella ed intelligente, possa fare un buon matrimonio: la piccola diventa sordomuta in seguito ad un terribile trauma (la violenza da parte di uno zio, che rompe l’equilibrio) e a nulla vale il tentativo paterno di sottoporla ad un nuovo shock, ovvero assistere ad una esecuzione a morte per impiccagione, per indurla a tornare a parlare. Marianna tuttavia nella sua innocenza di bambina censura il trauma subìto e lo rimuove per anni dalla propria coscienza.
A soli 13 anni la famiglia Ucrìa destina la figlia al matrimonio proprio con lo zio carnefice, dal quale ha cinque figli. Marianna si trova così a subire le necessità familiari e i doveri coniugali con una ferrea capacità di sopportazione e, non potendo palare, comunica con tutti attraverso la scrittura e si immerge con crescente passione nella lettura dei libri, diventando una donna colta, dalla mentalità aperta e dallo spiccato senso critico. Solo da adulta Marianna prende dolorosamente coscienza della causa del proprio handicap e questa nuova consapevolezza le permette di capire meglio la propria identità.
Marianna riuscirà a ricomporre delle precarie fasi di equilibrio immergendosi in un amore disperato per un uomo molto più giovane di lei, Saro, o compiacendosi per conversazioni di alto livello intellettuale con il pretore di Palermo Giacomo Camaléo. Tuttavia la società aristocratica siciliana del tempo e le pressioni della famiglia non le consentono di vivere con libertà le proprie passioni ed ella trova una relativa serenità solo staccandosi dalla Sicilia e dall’amore impossibile per Saro, per condurre una vita errabonda per l’Italia (ricomposizione dell’equilibrio).
Fabula e intreccio: La storia è narrata in ordine cronologico a grandi linee, dall’infanzia alla piena maturità di Marianna; l’intreccio pertanto si allinea alla fabula, tuttavia posticipa la rivelazione del suo trauma infantile e lo introduce solo ad un punto avanzato del racconto, per creare suspance e mistero sul mutismo della protagonista.
Sequenze: Essendo Marianna sordomuta, scarse sono le sequenze dialogiche mediate attraverso il biglietti scritti da lei. Ci sono invece sequenze descrittive , narrative e soprattutto riflessive in cui emergono i pensieri della donna.
Narratore: Il narratore è esterno e utilizza nel racconto la terza persona, tuttavia il suo punto di vista ha una focalizzazioneinterna, perché vede il mondo con gli occhi di Marianna Ucrìa e non anticipa la conoscenza degli eventi, fino a che non è lei stessa a scoprirli. Oltretutto Marianna ha il dono particolare di far propri i pensieri di altre persone che le stanno vicino, quasi come se avesse un particolare dono di conoscenza: pertanto, anche a dispetto delle apparenze e delle comunicazioni verbali, ella coglie anche i pensieri più intimi e scomodi dei suoi interlocutori.
Tempo: L’epoca della storia è la prima metà del ‘700 e la narrazione dura 40 anni, da quando Marianna ha 5 anni a quando ne ha 45. Ci sono ellissi, ovvero salti temporali anche di anni, oltre ad analisi dettagliate di situazioni significative ai fini del racconto circoscritte nel tempo. Non ci sono mai anticipazioni sul futuro, am non mancano dei flash-back nel passato: è determinante quello che porta Marianna adulta a ricordare la violenza infantile.
Luoghi: La storia si svolge tra la Villa Ucrìa di Bagheria, i possedimenti terrieri di famiglia in campagna e vari luoghi di Palermo (il Palazzo Ucrìa in via Alloro, la Vicarìa, Piazza Marina teatro delle esecuzioni e degli autodafè, la cripta dei Cappuccini e il manicomio di S. Giovanni dei Lebbrosi). Solo nel finale Marianna risale la penisola sostando a Napoli e a Roma.
L’ambientazione in Sicilia è autobiografica, visto che è la terra in cui affondano le radici familiari della scrittrice. Inoltre, mentre il ‘700 è in Europa il secolo dei lumi , Palermo vive nell’arretratezza e nell’oscurantismo, dominata da una nobiltà ormai in declino.
Personaggi
Ruoli
Personaggi principali: Marianna, il padre, il marito-zio Pietro.
Personaggi secondari: la madre, i fratelli Signoretto, Carlo e Geraldo, le sorelle Agata e Fiammetta, i figli Giuseppa, Felice, Manina, Signoretto e Mariano, la cuoca Innocenza, la serva Fila, Saro e la moglie Peppinedda, il pretore Giacomo Camaleo.
Comparse: il giovane condannato a morte, i vari dipendenti della famiglia Ucrìa.
Funzioni
Protagonista: Marianna Ucrìa
La sua menomazione, anziché essere un impedimento, è una risorsa che le da la forza di elevarsi al di sopra della mediocrità che la circonda. Marianna, muta, scrive molto, legge e affina gli altri sensi, diventando una donna colt grazie alla sua ricca biblioteca. S’interessa anche di filosofia e medita sul pensiero di Hume, aprendosi anche alle nuove idee illuministe. Ella conosce solo da donna matura un vero amore-passione e se ne lascia coinvolgere, per quanto poi prevalga in lei il senso del dovere.
Marianna con la sua menomazione rappresenta il ruolo della donna siciliana del XVIII sec., che non può ascoltare e prendere coscienza di ciò che accade e non può intervenire nei discorsi e nelle decisioni più importanti. Tuttavia ella non si arrende e cerca di vincere i propri limiti. Rimasta vedova, ella riesce a guidare la famiglia, a condurre l’amministrazione delle proprietà terriere, visitandole di persona. Inoltre si distingue dalle altre donne dell’epoca per la sua cultura, il suo coraggio, la sua disponibilità a viaggiare.
Marianna è l’unico personaggio veramente dinamico, capace di crescere intellettualmente, di diventare intraprendente, di concedersi delle libertà che danno scandalo.
Antagonista: Pietro, il marito-zio, un uomo arcigno e chiuso, incapace d’amore verso chiunque, refrattario al dialogo, marito-padrone che fa subire alla propria moglie ogni rapporto come una violenza, interessato solo allla storia di famiglia e alla continuità dinastica: è il tipico nobile ottuso, ignorante e conservatore.
Oppositori:
- Il padre, in apparenza un aiutante, in realtà è un carnefice che conosce la tragedia dello stupro della propria bambina, la nasconde e peggiora la situazione dando Marianna in sposa ad un mostro; tuttavia egli prova forse qualche senso di colpa verso l’ingenua Marianna, che pure l’ammira, e la ricompensa con una generosa eredità.
- La madre, donna indolente e dipendente dal tabacco nonché da sostanze oppiacee, è incapace di amore materno e di protezione verso i propri figli.
- Il fratello Signoretto, primogenito ed erede degli Ucrìa, è simile al padre e diventa senatore.
- Il fratello Carlo, monaco senza vocazione, uomo pingue, vizioso e propenso al piacere, oltre che rinomato studioso di manoscritti antichi, è l’involontario tramite per la presa di coscienza di Marianna del proprio passato.
- Il fratello Geraldo, destinato alla carriera militare, è un uomo ambizioso, donnaiolo, freddo.
- La sorella monaca Fiammetta è sempre pronta ad esprimere giudizi pungenti.
- Il figlio Mariano, l’unico erede maschi sopravvissuto, da bambino è oggetto dell’affetto di Marianna, ma poi crescendo la critica per il suo comportamento troppo scandaloso; egli è un uomo arrogante ed interessato solo al patrimonio.
Aiutanti:
- La cuoca Innocenza, una sana ed energica donna del popolo
- La cameriera Fila, una creatura fragile e apparentemente indifesa, anche se nel è capace di un raptus omicida nei confronti del fratello Saro, della cognata e del nipotino per gelosia.
- La sorella Agata, da bambina nota per la sua bellezza, ma poi distrutta da troppe gravidanze.
- La figlia Manina, dolce e sensibile, sottomessa ai genitori e portatrice di pace tra i fratelli, con un forte spirito materno, anche lei sposa bambina a 12 anni.
- La figlia Giuseppa, dapprima ostile al matrimonio e poi capace di lottare per la scelta del proprio sposo, anche se la scelta poi risulta fallimentare ed ella si consola tra le braccia del cugino Olivo.
- La figlia Felice, destinata al convento, dove però vive per anni in piena mondanità, per dedicarsi poi alla cucina, all’erboristeria ed alla medicina.
- Il figlio Signoretto, primogenito debole e malato, morto a soli 4 anni, amatissimo da Marianna.
- Saro, il fratello di Fila, giovane di bell’aspetto che finalmente fa vivere a Marianna un vero amore, anche se irrealizzabile, tant’è vero che lei, per liberarsene, gli cerca persino una moglie e alla fine fugge lontano.
- Il pretore di Palermo giacomo Camaleo, uomo colto, dall’intelligenza viva, galante, che tratta Marianna da sua apri, le permetti di affrontare acute discussioni intellettuali, le manifesta attenzioni e grande rispetto.
Forme del discorso: Pochi sono i discorsi diretti, visto che la protagonista è sordomuta. Si usano discorsi diretti liberi, quando Marianna assume su di sé i pensieri invadenti e scomodi delle persona che la circondano, come se li sentisse risuonare dentro di sé. Inoltre si usa il discorso indiretto libero quando sono riportati i pensieri di Marianna in modo indiretto, senza che siano introdotti da verbi dichiarativi.
Linguaggio: La prosa è realistica, ma colta: il mondo è filtrato attraverso la sensibilità di Marianna, che è una donna istruita, dall’intelligenza acuta e sottile. Il linguaggio diventa più popolare e dialettale, tipicamente siciliano, quando si esprimono gli altri personaggi, sia nobili sia popolani, accomunati tutti da una comune ignoranza. Più forbito è solo il linguaggio del colto pretore Camaleo.
Contestualizzazione:
Nata nel 1936, Dacia Maraini è figlia di una principessa siciliana di antico casto e dopo gli anni in campo di concentramento in Giappone da bambina va a vivere in Sicilia presso i nonni materni in una villa a Bagheria. Marianna è quindi una figura autobiografica, anche perché Dacia da piccola per timidezza preferiva comunicare con la scrittura piuttosto che con la voce. Inoltre la protagonista permette alla scrittrice di focalizzare la sua attenzione su due temi a lei cari: la violenza sulle donne (fu anche un’attiva femminista negli anni ’70) e l’infanzia violata.
Citazione adatta da abbinare ai palazzi barocchi siciliani:
…la grandezza dei nobili consiste proprio nel disprezzare i conti, quali che siano. Un nobiluomo non fa mai calcoli, non conosce nemmeno l’aritmetica. Per questo ci sono gli amministratori, i maggiordomi, i segretari, i servitori. Un nobiluomo non vende e non compra. Semmai offre ciò che vi è di meglio sul mercato a chi considera degno della sua generosità. Può trattarsi di un figlio, di un nipote, ma anche di un accattone, di un imbroglione, di un avversario al gioco, di una cantante, di una lavandaia, secondo il capriccio del momento. Poiché tutto quello che cresce e si moltiplica nella bellissima terra di Sicilia gli appartiene per nascita, per sangue, per grazia divina, che senso ha calcolare profitti e perdite? Roba da commercianti e borghesucci…